La batdura, la festa contadina al termine della stagione del grano

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Nel passato, a cavallo tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate avveniva la battitura del grano. Dopo essere stato tagliato con il falcetto e fatti i covoni era l’ora di estrarne i semi, separandoli dagli steli oramai diventati paglia. Un procedimento che era anche la celebrazione della fine di quel procedimento iniziato un anno prima qualche tempo dopo. Infatti dopo la preparazione dei campi con l’aratura, la concimazione, avveniva poi la semina. Quindi l’inverno che se nevoso per certi versi proteggeva il grano. Da questo il detto, sotto la neve pane, sotto la pioggia fame. Era un qualcosa che mia nonna e mio nonno, al tempo della loro gioventù figli e poi diventati agricoltori mi insegnarono e quel detto rimase per sempre nella mia mente. La primavera quindi portava a bellissimi campi verdi che poi con l’insolazione diventano gialli e quindi quando pronti, il grano di essi veniva tagliato.

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Domenica scorsa a San Benedetto Val di Sambro ho vissuto una cosa che ricordo aver visto negli anni ’60, quando da bambino vivevo in campagna e sebbene la meccanizzazione era già avanzata, i procedimenti erano comunque diversi da quelli di oggi, molto più vicini a quelli delle macchine che ho avuto modo di vedere perfettamente funzionanti, sebbene la loro età.

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E’ un qualcosa che viene tramandata dal passato ed ogni anno aveva nel mondo agricolo, nell’epoca che vedeva questa industria come la più importante, diventava la celebrazione della chiusura della lunga coltivazione del grano, quindi una festa. Si batteva il grano, così come quando lo si raccoglieva era l’apice di una catena immensa di sforzi per portare a compimento il raccolto che serviva per il sostentamento di tutti.

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In dialetto bolognese, quello dell’Appennino, leggermente diverso da quello della città, la battitura del grano è la batdura. Qui ci troviamo a sud, sulle colline che diventano montagne, prossimi al crinale. Dove dolcissime colline dall’aspetto, in realtà hanno anche scalini molto importantiQui non solo bosco, ma anche campi, ogni spazio possibile viene coltivato, non sono piani, hanno qualche falsopiano, con declivi importanti e spesso pericolosi, bel diversi dalla noiosità della pianura. Angoli pronunciati sulla superficie e tanti sassi appena sotto la superficie che fanno dannare questi instancabili che orgogliosi del loro territorio e del lavoro vanno contro queste traversie che spesso si traducono anche in danni economici.  

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Questa rievocazione è andata in scena una domenica a Cà di Martino, preparate le macchine ed il grano sui carri attaccati ai trattori. Il pranzo insieme in una frazione vicina a Sant’Andrea per rifocillarsi per il lavoro pomeridiano, le tagliatelle e le lasagne della Piera di Sant’Andrea sono realtà assolute e difficilmente copiabili. Finito il pranzo che oltre ai due primi, annoverava anche la carne, i contorni ed i luculliani dolci come il mascarpone ed il budino , il tutto in una sala che ha nella vista sulla valle del Sambro il suo plus. 

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La rievocazione è avvenuta nel pomeriggio a Cà di Martino organizzata da chi ancora nell’area svolge la professione di agricoltore. Non è stata solo simbolica, non una mera cerimonia, ma invece pratica e con l’utilizzo di attrezzi dell’epoca. Interessante è stat veder funzionare pienamente un trattore a cingoli FIAT che oramai va per i 70, costruito nel 1947. A lui collegata per il tramite di una gigantesca cinghia una trebbiatrice che come testimoniavano le sue ruote in ferro ha i suoi tanti anni. Entrambi i due mezzi hanno funzionato alla perfezione, sebbene l’età mostravano di essere fino ad oggi curati come fossero dei bambini, nuovi di zecca appena comprati.

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Molte braccia hanno lavorato per permettere che il procedimento di battitura si concludesse come tanto tempo fa. I contadini del territorio, molti di questi avevano vissuto i tempi di quando queste macchine erano largamente utilizzate hanno portato nei loro occhi i ricordi della giovinezza.  

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Presente anche il Sindaco del paese di San Benedetto Val di Sambro  Alessandro Santoni ed il famoso farmacista del paese Vincenzo Speghini, animatore di queste cose come di tanti altri eventi e progetti.

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Ma la battitura oltre alla ricorrenza è come si è detto una festa, un convivio che è continuato dopo con la enorme porchetta che ha sfamato i tanti che hanno lavorato e chi è venuto a rivivere questo ricordo del passato, vissuto da bambini attorno a questo mondo che era la consuetudine. Poi vino per accompagnare la porchetta e la pasta di fagioli con i quadrettini all’uovo.

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Queste ricorrenze devono continuare ad essere trasmesse nei loro intrinsechi modi, perché tesori che debbono rimanere a testimonianza di un qualcosa che con l’automatizzazione si sta andando a perdere. Quì che la vita è sempre dura avendo dei campi coltivati in un contesto difficile e pieno di insidie sopra e sotto il suolo, a partire dai sassi, ma sopratutto ai declivi insidiosi e pericolosi tanto da creare spesso anche la perdita di vite umane.
La temerarietà di queste persone è da ammirare per come la durezza della vita li ha portati a continuare a tramandare di padre in figlio la professione e le tecniche senza essere minimamente attratti da quelle che sono le semplicità di lavorare ad una scrivania che garantisce sicuramente un maggior comfort.

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Un qualcosa che deve rimanere, tramandare per ricordare che il passato è comunque storia e la batdura è parte di essa.La batdura, un qualcosa di tanto tempo fa

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